Disciplinare di produzione
Disciplinare di produzione della Denominazione di Origine Protetta “Salame Brianza”
Art. 1 Denominazione
La Denominazione d’Origine Protetta “Salame Brianza” è riservata al prodotto di salumeria che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.
Art. 2 Zona di produzione
Gli allevamenti dei suini destinati alla produzione del “Salame Brianza” debbono essere situati nel territorio delle seguenti regioni: Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte.
I suini nati, allevati e macellati nelle suddette regioni devono rispondere alle caratteristiche produttive gia stabilite dai decreti del Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato del 18/12/1993 per i prosciutti di Parma e San Daniele.
L’alimentazione dei suini si articola in sue fasi: Gli alimenti ammessi fino a 80 chilogrammi di peso vivo sono tutti quelli utilizzabili nel periodo d’ingrasso, in idonea concentrazione, nonché quelli di seguito presentati in ordine decrescente. La presenza di sostanza secca da cereali non dovrà essere inferiore al 45% di quella totale; farina di estrazione di soia (fino ad un massimo del 20% della sostanza secca della razione); silomais (fino al 10% della sostanza secca della razione); semola glutinata di mais e/o corn gluten feed (fino al 5% della sostanza secca della razione); carrube denocciolate, distillers (fino al 3% della sostanza secca della razione); lipidi con punto di fusione superiore a 36°C (fino al 2% della sostanza secca della razione); farina di pesce, lisati proteici (fino al 1% della sostanza secca della razione); latticello* (fino a un massimo di 6 litri per capo al giorno).
Gli alimenti ammessi nella fase di ingrasso sono di seguito riportati in ordine decrescente. La presenza di sostanza secca da cereali nella fase d’ingrasso non dovrà essere inferiore al 55% di quella totale; Mais e pastone di granella e/o pannocchia (fino al 55% della sostanza secca della razione); sorgo, orzo (fino al 40% della sostanza secca della razione); frumento, triticale, avena e cereali minori (fino al 25% della sostanza secca della razione); cruscami e altri prodotti della lavorazione del frumento (fino al 20% della sostanza secca della razione); patata disidratata, polpe di bietola surpressate ed insilate, farina di estrazione di soja (fino al 15% della sostanza secca della razione); farina di girasole (fino al 8% della sostanza secca della razione); manioca, melasso(**), farina di estrazione di cocco, farina di estrazione di germe mais, pisello e/o altri semi di leguminose (fino al 5% della sostanza secca della razione); polpe secche esauste di bietola (fino al 4% della sostanza secca della razione); farina di sesamo (fino al 3% della sostanza secca della razione); expeller di lino, marco mele e pere, buccette d’uva o di pomodori quali veicoli d’integratori, farina disidratata di medica, lievito di birra e/o di torula, lipidi con punto di fusione superiore a 40 gradi centigradi (fino al 4% della sostanza secca della razione); siero(*) di latte fino ad un apporto massimo di 15 l capo/giorno; latticello(*) fino ad un apporto massimo di 250gr capo/giorno di sostanza secca.
I sottoprodotti della caseificazione vengono forniti dai caseifici siti nella zona geografica delimitata.
– É consentita una presenza massima di acido linoleico pari al 2% della sostanza secca della dieta.
-Sono ammesse tolleranze massime del 10%.
-(*) Siero e latticello insieme non devono superare i 15 litri capo/giorno.
-(**) Se associato a borlande il contenuto totale di azoto deve essere inferiore al 2%.
-Patata disidratata e manioca insieme non devono superare il 15% della sostanza secca della razione.
-Per “latticello” si intende il sottoprodotto della lavorazione del burro e per siero di latte il
sottoprodotto di cagliate.
I suini debbono essere di peso non inferiore ai 160 kg, più o meno 10%, di età non inferiore ai nove mesi, aventi le caratteristiche proprie del suino pesante italiano definite ai sensi del Reg. CEE n. 3220/84 concernente la classificazione commerciale delle carcasse suine. Da tali suini si ottengono le spalle non mondate di almeno 5 chilogrammi, aventi le caratteristiche necessarie per la produzione del “Salame Brianza”.
Il macellatore e responsabile della corrispondenza qualitativa e di origine dei tagli. II certificato del macello, che accompagna ciascuna partita di materia prima e ne attesta la provenienza e la tipologia, deve essere conservato dal produttore. I relativi controlli vengono effettuati direttamente dall’Autorità di controllo indicata nel successivo art. 7.
L’elaborazione del “Salame Brianza” deve avvenire nella tradizionale zona di produzione sita nel territorio della Brianza delimitata a nord dai contrafforti del Monte Ghisallo, a sud dal corso del canale Villoresi, ad est dai solco profondo del fiume Adda ed ad ovest dalla Strada Statale Comasina, con la relativa fascia esterna di 2 km.
Art. 3 Materie prime
II “Salame Brianza” e costituito dall’impasto di carne suina: spalla disossata e snervata secondo buona tecnica, friscoli di banco e triti di prosciutti, pancette e/o gole senza grasso molle, sale, pepe a pezzi e/o macinato.
Possono essere inoltre impiegati: vino, zucchero e/o destrosio e/o fruttosio e/o lattosio, colture di avviamento alla fermentazione, nitrato di sodio e/o potassio alla dose massima di 195 parti per milione, nitrito di sodio e/o potassio alla dose massima di 95 parti per milione, acido ascorbico e suo sale sodico e suo sale sodico, aglio in dose minima.
Art. 4 Metodo di elaborazione
La produzione del “Salame Brianza”, compreso il confezionamento, I’affettamento ed il porzionamento, deve awenire nella zona delimitata nell’art. 2, con la seguente metodologia elaborazione: le spalle suine da avviare alla mondatura devono essere di peso non inferiore a 5 chilogrammi, essere mondate accuratamente secondo buona tecnica con asportazione delle
parti connettivali di maggiore dimensione e del tessuto adiposo molle. Le spalle mondate, unitamente ai triti di prosciutto, friscoli di banco e gole senza grasso molle sono fatte in cella frigorifera a temperatura di congelazione o refrigerazione.
Successivamente avviene la macinatura con tritacarne avente stampi con fori di 4-4,5 mm o di 7-8 mm.
L’impastatura di tutti gli ingredienti può essere effettuata in macchine sottovuoto o a pressione atmosferica.
II “Salame Brianza” deve essere insaccato in budello naturale o artificiale eventualmente legato con spago o posto in rete.
L’asciugamento del “Salame Brianza” è effettuato a caldo (temperatura compresa tra 15° e 25°C) o a freddo (temperatura compresa tra 3° e 7°C), non possono essere adottate tecniche che prevedono una fermentazione accelerata. L’asciugamento deve consentire una rapida disidratazione delle frazioni superficiali nei primi giorni di trattamento.
Art. 5 Stagionatura
La stagionatura deve essere condotta in locali dove sia assicurato un sufficiente ricambio di aria a temperatura compresa tra 9° e 13°C. II tempo di stagionatura, periodo comprendente anche l’asciugamento varia in funzione del diametro del salame fresco, come viene indicato nella seguente tabella:
Il confezionamento, l’affettamento ed il porzionamento del “Salame Brianza” DOP devono avvenire nella zona di produzione delimitata all’art. 2, sotto la vigilanza della struttura di controllo autorizzata al fine di garantire la qualità del prodotto. Il Salame Brianza, infatti, risulta particolarmente sensibile agli agenti esterni, in particolare alla luce, all’ossidazione operata dall’aria e al calore. La preparazione del Salame Brianza per l’affettamento prevede necessariamente l’eliminazione del budello e conseguentemente una diretta esposizione della parte edibile del prodotto all’ambiente esterno. L’esposizione del prodotto agli agenti esterni in condizioni non controllate altera le caratteristiche del Salame Brianza in quanto la permanenza del prodotto non protetto dal budello lo rende estremamente suscettibile a fenomeni ossidativi, di alterazioni del colore, ad una più rapida perdita dell’umidità e dell’aroma con conseguente peggioramento dell’aspetto esteriore, della consistenza e del sapore rispetto alle caratteristiche originali. Inoltre, il trasporto del Salame Brianza destinato all’affettamento confezionato sottovuoto e privo di budello può dare luogo a formazione di precipitati con patine di cristalli di sale; ad un’eccessiva elasticità del prodotto, a causa della migrazione di sale e acqua che fanno perdere compattezza; a difetti di forma; alla perdita dell’aroma tipico, a causa del così detto “strippaggio”, ovvero alterazione aromatica degli acidi grassi. Pertanto, al fine di preservare le caratteristiche originarie del prodotto è necessario che il Salame Brianza venga affettato e confezionato immediatamente dopo il periodo di stagionatura nello stesso luogo di produzione.
Art. 6 Caratteristiche
II “Salame Brianza” all’atto della immissione al consumo presentale seguenti caratteristiche organolettiche, chimiche e chimico-fisiche e microbiologiche:
CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE
aspetto esterno: forma cilindrica;
consistenza: il prodotto deve essere compatto di consistenza non elastica;
aspetto al taglio: la fetta si presenta compatta ed omogenea, con frazione adiposa priva di porzioni rancide; non sono presenti frazioni aponeurotiche evidenti;
colore: rosso rubino uniforme;
odore: profumo delicato e caratteristico;
sapore: gusto molto dolce e delicato mai acido.
CARATTERISTICHE CHIMICHE E CHIMICO-FISICHE
proteine totali: min. 23%;
rapporto collageno/proteine: max. 0,10;
rapporto acqua/proteine: max. 2,00;
rapporto grasso/proteine: max. 1,5;
-pH: maggiore o uguale 5,3.
CARATTERISTICHE MICROBIOLOGICHE
carica microbica mesofila: >1×10 alla settima unità formanti colonia/grammo con prevalenza di lattobaciliacee e coccacee.
Art. 7 Controlli
II controllo sulla conformità del prodotto al disciplinare di produzione è svolto da una struttura di controllo conformemente a quanto stabilito dagli articoli 10 e 11 del Regolamento (CE) n. 510/2006.
Art. 8 Designazione e presentazione
La designazione della denominazione di origine protetta “Salame Brianza” deve essere fatta in caratteri chiari e indelebili, nettamente distinguibili da ogni altra scritta che compare in etichetta ed essere immediatamente seguita dalla menzione “Denominazione di Origine Protetta”.
Entrambe le suddette menzioni sono intraducibili.
Può inoltre comparire la sigla DOP in altra parte dell’etichetta nel medesimo campo visivo. Per il prodotto destinato ai mercati internazionali può essere utilizzata la menzione “Denominazione Origine Protetta” nella lingua del paese di destinazione. Tali indicazioni sono abbinate inscindibilmente al logo identificativo della denominazione.
È vietata I’aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista.
È tuttavia consentito l’utilizzo di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati purché non abbiano significato laudativo o tali da trarre in inganno l’acquirente, nonché l’eventuale nome di aziende suinicole dai cui allevamenti il prodotto deriva, purché la materia prima provenga interamente dai suddetti allevamenti.
Qualora il logo sia direttamente stampato sull’etichetta delle ditte produttrici, i quantitativi di etichette, controllati dall’Organo indicato all’art. 7, debbono corrispondere ai quantitativi di materia prima avviata alla produzione del “Salame Brianza”.
II “Salame Brianza” può essere commercializzato sfuso ovvero confezionato sottovuoto o in atmosfera modificata, intero, in tranci o affettato. Le operazioni di confezionamento, affettamento e porzionamento devono avvenire, sotto la vigilanza della struttura di controllo indicata all’art. 7.